L'Inter ci ricasca. Proprio come l'anno scorso, i nerazzurri perdono a Roma con la Lazio nel momento in cui c'era da fare il salto di qualità.
Stesso minuto e stesso marcatore. Ci verrebbe da dire anche stessa
direzione arbitrale. Di rigori, manco a parlarne. Se poi Dias viene
graziato per un calcione a Guarin, mentre lo stesso Guarin viene
ammonito per un contatto fantasma a metà campo con il simulatore Lulic,
allora proprio non v'è speranza. E' davvero difficile giudicare se sia
stata peggiore la prestazione dei nerazzurri o quella di Damato (che in molti spacciano per tifoso interista) e dei suoi collaboratori (AAA binocoli cercansi).
Da un lato, Mazzarri non ha tutti i torti. Le
partite equilibrate vengono evidentemente decise da episodi, tra cui i
gol falliti, gli errori commessi e quelli degli ufficiali di gara. Il
punto è che, contro una Lazio alla deriva e chiaramente in difficoltà
(per stessa ammissione di Reja: ''Abbiamo giocato male, ci è andata
bene. Eravamo preoccupati, non riuscivamo a fare due passaggi di
fila''), e arrivando dalla rigenerante vittoria nel derby, ci si sarebbe
aspettato molto di più. Molto molto molto di più. Anche in
considerazione dei limiti cronici che questa Inter ha e che nessuno –
nemmeno Batman o Houdini – potrebbe eliminare dall'oggi al domani.
Parte Kuzmanovic dal 1' e in tanti reclamano Kovacic.
Nel derby, con Icardi e il giovane croato, l'Inter aveva schiacciato il
Milan negli ultimi 20 minuti, arrivando meritatamente al gol. E invece
all'Olimpico va a finire che becchi il gol proprio quando compi gli
stessi, identici cambi. Non dev'essere facile per Mazzarri venire a capo
di una situazione oggettivamente complessa. Altro esempio: Guarin.
Migliore in campo a Napoli, arrembante e continuo col Milan, torna
svogliato e raffazzonato contro i laziali. E ancora: se gioca bene Juan, gioca male Ranocchia; a Cambiasso non si può chiedere più di quello che dà; Alvarez si ''normalizza'' nel ruolo di interno. E' chiaro che non c'è solo un unico problema.
La realtà, oggi, è che il terzo posto appare un miraggio e non si
capisce se arrivare in Europa League sia conveniente o meno. Inutile
pure illudersi per il mercato di gennaio: l'autofinanziamento
non lascia ampi margini di manovra. Pochi i giocatori da cui si
potrebbe ricavare un bottino cospicuo, ancor meno quelli che hanno un
minimo di mercato. Senza contare che, venduti loro, poi ti serve
comunque un erede degno più un altro rinforzo a ruota. Sennò ti tieni
quelli che hai.
Che fare? Bella domanda. A caldo, si potrebbe pensare che è tutto da rifare. Che è tutto sbagliato e che Thohir farà bene a fare tabula rasa
e ripartire davvero da zero. A freddo, l'animo trova un minimo di pace,
l'esultanza di Klose sfoca sull'amaro più che sull'incazzato e così le
idee si schiariscono. D'Ambrosio non cambierebbe la squadra, ma
diventerebbe un'alternativa valida a Nagatomo e Jonathan; i rientri di
Icardi e Milito male non faranno; Handanovic tornerà a parare
quell'unico tiro in porta che oggi ti costa la sconfitta a Roma.
Insomma, qualche motivo per sperare c'è. Ma che non vi venga in mente di
pensare in grande: il Triplete è lontano molto più di tre anni e mezzo.
Alessandro Cavasinni
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