Roberto Mancini è stato senza dubbio il miglior acquisto dell’Inter in
15 mesi di gestione Thohir,
ma questo non toglie che fra le facce del disastro nerazzurro ci sia anche la
sua, che con qualche alternativa in più rispetto a Mazzarri ha fatto
peggio come risultati e solo un po’ meglio come gioco (più uomini che seguono
l’azione offensiva, possesso palla, gestione aggressiva dei cambi in gara).
Perché tutte le mosse in chiave ‘riparazione’ della società sono state ispirate
da lui, forte del bonus di credibilità di una carriera ai massimi livelli sia
da giocatore che da allenatore. Quel bonus che Mazzarri, con tutt’altra storia
in campo e in panchina, non ha mai avuto. Gli undici giocatori di undici
nazionalità diverse con cui l’Inter ha cominciato la partita a Reggio Emilia
non sono soltanto una curiosità statistica, bensì l’indice di un confusione non
tanto linguistica quanto tecnica. Giocatori con grande curriculum ma senza più
nulla da dire (Vidic,
Podolski), altri di cilindrata medio-bassa (Dodò, Medel), giovani
dal dubbio futuro (Donkor)
ed altri dal futuro troppo annunciato (Kovacic),
eterne promesse (Ranocchia),
ottimi giocatori che il meglio l’hanno già dato (Palacio) o che non
riescono a darlo per vari motivi (Shaqiri,
Guarin), un portiere come Handanovic che ha spesso mascherato le
lacune come accade in provincia. Una squadra che con un paio di campioni,
quelli che non vengono più in Italia né tantomeno all’Inter, si accenderebbe
arrivando almeno a quel quinto posto in serie A che è nei suoi valori teorici,
ma che campioni non ha. Rimane quindi il mitico ‘progetto’, che assolutamente
non si vede a meno di non volersi attaccare a discorsi sull’entusiasmo e la
‘mano dell’allenatore’, che funzionano nel breve periodo ma che nel lungo non
possono insegnare a Ranocchia ad essere deciso come Samuel o all’incolpevole
Donkor, mandato alla sbaraglio dagli infortuni degli altri, di appoggiare
l’azione offensiva come Maicon. L’unica fortuna dell’Inter è che il mercato sta
finendo, così come la tentazione di risolvere i problemi con l’ennesimo
giocatore ‘difficile’, che inserito in un ambiente pronto a esplodere (Icardi
che insulta i tifosi, come se avesse visto Osvaldo in mezzo a loro, può dare
l’idea) diventa ancora più difficile. Mentre stiamo scrivendo queste righe si
stanno facendo tanti nomi, da Cassano (in cui peraltro Mancini non crede, il
suo arrivo sarebbe una sorpresa) in giù, ma forse l’allenatore dopo
l’arrabbiatura con il Sassuolo è tornato lucido e dirà a Fassone, Bolingbroke
ed Ausilio
che bisogna usare il finale di stagione per costruire l’anno prossimo. A meno
che per lo sprint finale possa essere ritenuto decisivo uno come Santon, che nel
Newcastle 2014-15 ha giocato in Premier League la bellezza di zero partite a
causa di un infortunio al ginocchio ed è rientrato soltanto per disputare uno
spezzone in FA Cup e 90′ nel campionato Under 21 (di fatto un campionato
riserve): difficile che ritrovi un ritmo da serie A entro la fine della
stagione. Conclusione? La scommessa del terzo posto da possibile Champions non
è stata costosa a livello di cassa, visto che quasi tutti saranno pagati dal
prossimo luglio, ma lo sarà in prospettiva. Ed in ogni caso è stata persa.
Qualcuno ha 50 milioni che gli crescono?
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